lunedì 9 aprile 2012

FACILITIAMO!

"Facilitazione" è una parola che pochi anni fa mi diceva gran poco; oggi penso sia uno degli strumenti più utili per raggiungere, in una molteplicità di occasioni e contesti, un obiettivo, e soprattutto, nel miglior modo possibile.

Attraverso l'esperienza del Master e poi di Quartiere Sociale, avendo partecipato al WOSonOST a Berlino, avendo seguito le prime fasi di un laboratorio di co-housing e di organizzazione di un PAT comunale, ho imparato a conoscere meglio che cos'è la facilitazione e, soprattutto, chi è il FACILITATORE, cioè la persona che gestice l'intero processo sistemando tutte le pedine in ordine e mettendo tutti d'accordo! 

L'occasione per imparare un po' di più mi è capitata partecipando ad un corso sulla gestione di processi partecipativi organizzato dal prof. Andrea Pozza alla facoltà di Agraria dell'Università degli studi di Padova e tenuto dal Dott. Andrea Stroppiana, economista, esperto in cooperazione internazionale con i Paesi in via di sviluppo, formatore e facilitatore con esperienza nel settore privato.



Questo corso ha confermato la mia idea: quando le decisioni sono "partecipate" e condivise da tutti gli attori del processo, i risultati sono ottimi, anzi, sono i migliori che si sarebbero mai potuto raggiungere. Perchè? Perchè attraverso il lavoro del facilitatore si è condotti in un sistema in cui le soluzioni sono create, capite e accettate da tutte le persone coinvolte; i fraintendimenti si chiariscono, le situazioni di contrasto si appianano e ad ogni problema si trova un rimedio. Il prodotto finale inoltre, è anche quello più "realizzabile" e quindi più adeguato per la singola situazione.

Ma gestire un processo di facilitazione, non è per niente facile! Le procedure sono svariate a seconda del tipo di obiettivo (risoluzione di conflitti di vario genere, scrittura o valutazione di un progetto, scelta tra varie alternative etc...) e del tipo di contesto (economico, familiare, amministrativo, di cooperazione internazionale etc...). Il facilitaore deve sempre mantenersi imparziale, praticare un ascolto attivo e condurre in modo concertato l'intero processo, che può durare da poche ore ad alcuni giorni.
Uno degli strumenti fondamentali del facilitatore (o moderatore) sono i cartoncini colorati. Di vari colore a seconda della "categoria" che devono rappresentare, questi cartoncini si attaccano e si staccano come i famosi post-it su un cartellone più grande in base alle esigenze; sembra una cosa banale, ma questi semplici pezzi di carta colorata sono davvero importanti perchè aiutano tutti i partecipanti ad avere sott'occhio le intere fasi del processo decisionale.

Negli utlimi anni sono stati scritti parecchi testi sull'argomento e il fatto che sono nate alcune scuole di formazione anche nel nostro Paese è testimonianza della sua efficacia.



Bibliografia:
- Facilitator's guide to participatory decision making, Sam Kaner;
- The secrets of Facilitation, Michael Wilkinson;
- Progettare in partenariato, Federico Bussi;.
- The Facilitator's handbook, John Heron.

martedì 8 novembre 2011

COHOUSING: VIVERE, CONDIVIDERE, PARTECIPARE





Il COHOSUING è un stile di abitazione collaborativo che cerca di superare l’emarginazione contemporanea dell’individuo nel quartiere, in cui nessun conosce bene il suo vicino e dove non si trova nessun senso di comunità.
La prima esperienza di cohousing nacque nel 1972 nei pressi di Copenaghen in Danimarca, da allora vi è stata una progressiva diffusione nei paesi scandinavi, negli Stati Uniti e nei paesi a cultura anglosassone.
Le comunità di cohousing combinano l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi (micronidi, laboratori per il fai da te, auto in comune, palestre, stanze per gli ospiti, orti e giardini...) con benefici dal punto di vista sia sociale che ambientale.
Di solito un progetto di cohousing comprende dalle 20 alle 40 famiglie che convivono come una comunità di vicinato (vicinato elettivo) e gestiscono gli spazi comuni in modo collettivo ottenendo in questo modo risparmi economici e benefici di natura ecologica e sociale.
Il cohousing infatti, si sta affermando anche come strategia di sostenibilità: se da un lato la progettazione partecipata e la condivisione di spazi, attrezzature e risorse agevola la socializzazione e la mutualità tra gli individui, dall'altro questa pratica, unitamente ad altri "approcci" quali ad esempio la costituzione di gruppi d'acquisto solidale, il car-sharing o la localizzazione di diversi servizi, favoriscono il risparmio energetico e diminuiscono l'impatto ambientale della comunità.

Le caratteristiche della comunità cohousing sono: un equilibrio tra il privato e il sociale, un ambiente sicuro e accogliente per i bambini, uno stile di vita pratica e spontanea, una comunità inter-generazionale, un disegno e una costruzione ambientale che dà priorità al pedone e all'uso dello spazio aperto.
In tutto il mondo, sono presenti diverse tipologie di cohousing, ognuna di esse modellata sui propri abitanti. Il cohousing invita a lavorare sull'abitazione, come vero e proprio 'vestito' di ogni essere umano, che dovrebbe prendere la forma di chi vi abita, garantendone serenità e soddisfazione. Generalmente un cohousing nasce in città, ma nulla vieta che sia in campagna, da ristrutturare o completamente da edificare; alcuni sono recuperi edilizi di stabili comunali o fabbriche dismesse e talvolta i futuri cohousers non si limitano a progettare con i professionisti la struttura ma si rendono partecipi nei lavori attraverso l'autocostruzione.
Swan's Market - Oakland - California
Esempi in Italia e nel mondo:
  • Quayside Village - Lower Lonsdale – Canada: palazzina multiculturale e multigenerazionale, dotata di un cortile interno nel quale il design ha incorporato piante pre-esistenti, un piccolo orto comune, un’area per il compostaggio, uffici, stanze per gli ospiti, sale da pranzo condivise.
  • Swan's Market - Oakland – California: in pieno centro città, un ex-mercato ristrutturato ospita 22 unità di abitazione per gruppi familiari e singles; condividono una sala e una cucina per incontri, una palestra, un hobby room, una lavanderia e una stanza per gli ospiti.
    Cotati – California: una comunità votata alla sostenibilità ambientale e alla qualità della vita, che condivide una lavanderia, spazi per gli incontri e gestisce quattro spazi negozi su strada.
  • Eastern village Cohousing - Silver Spring - Washington DC:
un agglomerato di 56 unità di condomini che variano dai 50 ai 180 mq, nasconde una comunità urbana che condivide stanze per lo yoga, spazi gioco e biblioteche, una grande sala per cenare insieme e terrazze ricche di verde.
  • Pinakarri Community - Hamilton Hill - Australia:
il primo cohousing australiano, caratterizzato da una forte volontà di rispetto dell’ambiente.
Il progetto punta sulle forme di utilizzo dell’energia solare passiva, sullo sviluppo di coltivazioni in permacultura, sul compostaggio dei rifiuti, sull’utilizzo di energie rinnovabili.
  • Gemeenschappelijk wonen project - Nieuwegein - Paesi Bassi: il più grande progetto di coabitazione dell'Olanda: 190 persone, 26 case condivise (stanze in comune per studiare, lavorare, dormire,..) e 21 appartamenti, un ristorante, un negozio dell’usato, giardini e spazi per praticare degli sport, un pub aperto fino all’una di notte a cui possono accedere gli abitanti e i loro amici.
  • Older women’s CoHo - Londra - Gran Bretagna:
il cohousing per signore anziane, desiderose di partecipare ad una forma di convivenza attiva, basata sull’aiuto reciproco e la volontà di mettere in compartecipazione conoscenze e capacità.
  • Ibsgaarden cohousing project - Roskilde – Danimarca: villaggio di 21 appartamenti e una grande casa condivisa, dalla costruzione di tipo tradizionale.
  • Urabn village Bovisa – Milano - Italia: in un ex-opificio con il sapore della Milano di una volta è nato ilprimo cohousing in Italia! Una comunità di 32 famiglie che vivono in una splendida corte con al centro un bel giardino comune. Le case sono loft e mansarde con garage e piccoli giardini privati. Ma in più ci sono una piscina con solarium e altri 140 mq di spazi comuni (living condiviso, lavanderia-stireria, hobby room, deposito GAS).
  • CiòHousing – Faenza - Italia: progetto di un complesso formato da 7 alloggi che sorgerà tra i vitigni delle colline romagnole e punta a creare il primo vero progetto dell’Emilia Romagna di Co-Housing. Dotato di impianti di energia rinnovabile (una serra solare), lascia spazio alla condivisione e partecipazione volontaria alle aree comuni ed è dotato di servizi ad uso condiviso di car-pooling e micronido, gestiti anche in coordinamento con le comunità circostanti.
  • Eco-quartiere Quattro passi – Treviso - Italia: in fase di elaborazione - www.ecoquartierequattropassi.it

Bibliografia:
  • Cohousing: A Contemporary Approach to Housing Ourselves”, Kathryn McCamant e Charles Durrett, Ten Speed Press, U.S.A., 1994;
  • The Cohousing Handbook : Building a Place for Communitty”, Chris e Kelly ScottHanson, New Society Publishers, U.S.A., 2004;
  • Cohousing e condomini solidali”, Matthieu Lietaert, Terra Nuova edizioni, 2008.

Fonti:
www.cohousing.it
www.intelligenzaemotiva.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Cohousing
www.cohousingitalia.it

lunedì 29 novembre 2010

10 days inside the City of the Dead




Dieci giorni dentro Città dei Morti. Dieci giorni dentro il cimitero monumentale del Cairo. Dieci giorni nel diciannovesimo slum più grande del mondo. Dieci giorni per studiare gli insediamenti informali cairoti e proporre delle strategie di sviluppo sostenibile: dal 26 ottobre al 5 novembre “Inside the City of the Dead”.

Situato 7 km ad est dal centro di una delle più grandi megalopoli, con una superficie di 7,6 mq, Città dei Morti è stata fondata nel settimo secolo d.C. ed è il più vecchio cimitero funzionante del mondo. Attualmente è abitato da circa 800.000 persone che, già dal secolo scorso, a seguito della crisi urbana degli alloggi e delle carestie, occupano abusivamente le cappelle funerarie adibite alla sepoltura dei defunti e le piccole stanze costruite originariamente per ospitare i pellegrini e i guardiani dei mausolei, riadattate in abitazioni permanenti.
Fin dalla sua nascita, il cimitero è nato come luogo di equilibrio tra morte e vita e ancor oggi la caratteristica di coabitazione tra vivi e defunti nella necropoli è un aspetto peculiare e unico al mondo. Anche grazie a questa sua caratteristica, Città dei Morti si differenzia dagli altri quartieri informali poiché le bidonville sono totalmente assenti, i nuclei abitativi non sono sovraffollati, l'ambiente è salubre, c'è acqua ed elettricità e il cimitero ha un impianto ordinato e riconoscibile che si presenta come un tutt'uno con il piano urbano e in alcuni punti s'incunea nel centro storico.
Tuttavia, il rapporto del resto della metropoli  e delle autorità locali con la necropoli è ambiguo; “vivere in una tomba” rappresenta una condizione di assurdità e tabù e il cimitero è visto come l’estremo e degradato margine della città, come un posto pericoloso e ad alto rischio criminalità, causa di comune imbarazzo, ritenuto, dunque, lo sfregio dell'immagine pubblica della capitale egiziana.
Molte aree, soprattutto nella zona più a nord, sono state irrimediabilmente deturpate da sgombri e demolizioni, con conseguenze disastrose per la comunità. Tali interventi, pianificati con il solo obiettivo di spianare la strada a nuove e redditizie speculazioni edilizie, hanno compromesso l'alto valore architettonico e artistico della zona.

A prova di ciò, recentemente il governo egiziano ha approvato un nuovo piano strategico, “Cairo 2050”, con lo scopo di fornire la città più inquinata del mondo di un polmone verde. In realtà, sembra che sotto questi buoni e sani propositi si celino invece interessi politici ed economici. Il piano infatti prevede la demolizione totale del cimitero e la costruzione di aree residenziali ad alta densità dentro e attorno a questo cuore verde; molti degli insediamenti informali dovrebbero venir smantellati e rilocalizzati in una zona più periferica, cancellando così importanti pezzi della città storica e delle sue strutture sociali. La progressiva privatizzazione dello spazio e dei servizi, “mega-progetti” studiati da “archi-star” internazionali senza nessun rispetto per tutto ciò che rappresenta l'identità del Cairo, andranno a trasformare la città in una sorta di seconda Dubai, incrementando il turismo di lusso e di massa.

In opposizione alle linee guida sottese al progetto urbanistico governativo, l'ONG Live in Slums propone, con un ampio progetto multi-disciplinare, di provare come Città dei Morti costituisca invece un grande potenziale serbatoio per lo sviluppo sostenibile della città.
Da un po' di anni l'ONG milanese, in collaborazione con il Politecnico di Milano e Feda - Facoltà di Architettura del Cairo - ha avviato un progetto di ricerca per preservare il patrimonio architettonico e antropologico del cimitero storico del Cairo e ha creato un “laboratorio di quartiere” per ascoltare le istanze della comunità locale e per aiutare gli abitanti di Città dei Morti a riflettere, insieme a studiosi, professionisti e ai partecipanti di vari workshop, su come mantenere e preservare questi paesaggi in modo sostenibile e durevole.
Questo vasto programma mira a mantenere un altro piccolo progetto di eco-turismo rispettoso della struttura fisica e sociale del luogo, che ha lo scopo di avviare delle piccole attività legate al cimitero tramite forme di micro-credito.

Il laboratorio a cui io ho partecipato (assieme ad altri 11 ragazzi) era finalizzato proprio a questo: cercare di sviluppare una forma di sussistenza agro-alimentare con conseguente vendita del surplus di alcuni prodotti attraverso un progetto di agricoltura urbana. L'idea è stata quella di lavorare con la tecnica del micro-gardening, cioè degli orti sollevati da terra; essa è nata dall'impossibilità di utilizzare e coltivare direttamente il suolo dei vari hosh (tombe) poiché ritenuto sacro, in alcune aree contaminato, a volte sabbioso e quindi poco fertile e perché alla maggior parte dei residenti non è permesso trasformare il suolo, non essendo di loro proprietà.
Con non pochi imprevisti e disguidi, durante i dieci giorni di permanenza a Città dei Morti, assieme alla coordinatrice Elisabetta Bianchessi e all'agronomo Tommaso Sposito, siamo riusciti ad interagire con 7 famiglie locali: ognuna di esse ora ha nel proprio cortile, sul tetto della propria “casa”, sotto una pergola o addirittura sospesa tra due pareti, una o più cassette di legno, un pneumatico, delle bottiglie di plastica o delle ceste in cui vedrà crescere le sue preziose piantine.
Dalla tecnica su substrato a quella idroponica, dal semenzaio al trapianto, dall'irrigazione alla fertilizzazione: questi gli argomenti delle lezioni preparatorie al nostro lavoro con gli abitanti del cimitero.
Molti dei materiali per costruire i vari contenitori sono stati recuperati al mercato locale o addirittura alla vicina discarica del quartiere Zaballem. Per precauzione alcune delle sementi sono state portate dall'Italia, mentre tutte le piantine sono state acquistate presso un vicino vivaio.
E' stato interessante e curioso, a volte difficile, osservare la diversità degli atteggiamenti e delle reazioni delle famiglie davanti alla proposta di un progetto simile. Inizialmente tanta curiosità, ma anche un po' di scetticismo o disinteresse, poi soprattutto entusiasmo, riconoscenza e gratitudine. A noi “studenti” è stato dato il compito, oltre che di spiegare e costruire assieme a loro i vari orti (a volte a gesti, a volte grazie ad un traduttore o a volte addirittura a degli schizzi o disegni), anche di far capire l'importante compito e responsabilità di cui ogni famiglia si sarebbe fatta  carico: prendendosi cura delle piante infatti, si innesca un meccanismo di miglioramento della qualità della vita, in quanto questi sono prodotti di buona qualità e danno la possibilità di variare la dieta alimentare con ovvi benefici sulla salute fisica; inoltre, la vendita del raccolto che, secondo il fabbisogno risulta eccedere, può dar vità a importanti momenti di vita sociale.

Parallelamente alla vera e propria realizzazione dei miro-gardening abbiamo inoltre svolto un importante lavoro di documentazione con l'appoggio del fotografo Filippo Romano (e della sua polaroid...). L'intero programma era quindi fondato su un doppio registro, quello del lavoro sul campo e quello della memoria dell'azione, del luogo e dei suoi abitanti.

Durante i 10 giorni del workshop “Inside the City of the Dead”, oltre al progetto pilota di agricoltura urbana, si sono svolti contemporaneamente altri tre laboratori seguiti da diversi studiosi e professionisti: progettazione urbana, antropologia culturale e fotografia.

Ogni singolo lavoro è stato svolto e pensato come un primo passo verso il riconoscimento della dignità di questa parte di popolazione, verso la sua reale autonomia; un primo passo per dar voce agli abitanti, in quanto cittadini, rendendoli protagonisti della ricostruzione dei loro spazi urbani e del loro tessuto sociale.

Maggiori info: www.liveinslums.org 

martedì 22 giugno 2010

Quartiere Sociale e il WOSonOST


E’ una vera e propria diatriba quella che è venuta a crearsi a Quarto d’Altino tra l’amministrazione del nostro piccolo Comune e la cittadinanza stessa. A fare da pomo della discordia è l’area riconosciuta dalla gente con il nome di “giardinetti”, una porzione di verde di circa 11 mila metri quadri, delimitata dai quartieri residenziali, il Palazzetto dello sport, una pista di pattinaggio e le scuole elementari. L’acceso dibattito è scaturito dalla decisione dell’amministrazione di inserire l’edificio del Palazzetto dello sport nella lista dei beni alienabili del Comune, con possibilità di realizzare un nuovo piano di lottizzazione privata al fine di ricavarne dalla vendita i fondi per costruire nuove strutture sportive in periferia. L’opposizione dei cittadini si è manifestata con una raccolta firme contro il provvedimento, ottenendo come risultato una situazione di stallo e di insoddisfazione generale fomentata, come spesso accade nelle più svariate realtà, da una totale assenza di dialogo e collaborazione. Ed è proprio in questa lacuna che noi abbiamo pensato di gettare fondamenta concrete per costruire la nostra idea di “Quartiere Sociale”.
Ma di cosa stiamo parlando? Il progetto “Quartiere Sociale” nasce dalla fusione di inclinazioni e competenze progettuali, sociali, democratiche, architettoniche e urbane arricchite dal fortunato quanto ispirato incontro con i compaesani Mirko Visentin e Giorgia Tesser, l’uno book graphic e web designer attivissimo a livello locale e fervente promotore di politiche di associazionismo giovanile, l’altra laureanda in Architettura per la città allo IUAV, anche loro come noi desiderosi di mettersi in gioco professionalmente per tentare di far convogliare le energie dei cittadini e dell’amministrazione in un unico flusso, collaborativo e costruttivo.
L’obiettivo del nostro progetto consiste nel raccogliere le esigenze del paese, assecondare le necessità, rompere i vecchi schemi dicotomici sospinti dalla convinzione che un atteggiamento positivo volto alla collaborazione sia l’unica strada per realizzare in modo innovativo grandi cambiamenti anche in un comune piccolo come il nostro.
Ma quale percorso seguire? Quale tecnica applicare per ottenere un processo più inclusivo e democratico possibile? La risposta più completa a queste domande si è rivelata la "progettazione partecipata". Abbiamo cercato di approfondire l'argomento con varie ricerche; di grande aiuto ci è stato "Marrai a Fura", un sito dedicato alla sostenibilità e alla partecipazione. Oltre a una serie di links e articoli molto interessanti, proprio qui siamo venute a conoscenza che a Berlino si sarebbe svolto un evento internazionale che ha suscitato in noi una gran curiosità: il Word Open Space on Open Space (WOSonOS), ossia l'incontro mondiale della comunità che lavora con l'Open Space Technology (OST). Prese dall'entusiasmo e dalla voglia di approfondire una metodologia che a quanto pare si dimostra tra le più efficaci nel campo della partecipazione, l’11 maggio scorso siamo quindi partite alla volta di Berlino!
L'OST è un metodo per gestire incontri, conferenze, convegni, gruppi di lavoro e laboratori di progettazione partecipata. La tecnica si basa sull'auto-organizzazione e lascia ogni partecipante libero di proporre argomenti e di discutere ciò che ritiene più importante rispetto al tema dell'incontro, in un clima piacevole e senza annoiarsi.
Durante i tre giorni di Open Space abbiamo avuto anche noi l'occasione di proporre il nostro tema di discussione (Urban Social Lab) raccogliendo così una serie di informazioni, suggerimenti e raccomandazioni molto utili ed interessanti da poter quindi applicare in quello che poi sarebbe diventato il nostro "Quartiere Sociale". Nonostante questo fosse il nostro primo incontro con l'OST, grazie al clima rilassato stile coffee break, nel confronto e nella discussione con facilitatori e rappresentanti di associazioni professionisti non abbiamo incontrato difficoltà, tutto si è svolto in modo spontaneo, diretto e sereno. Anche se durante una singola discussione non è necessaria la presenza di relatori e di programmi predefiniti, l'assenza di procedure e di una struttura predefinita è in realtà solo apparente; l'OST infatti è un sistema per gestire riunioni ed organizzazioni fortemente strutturato, ma che utilizza procedure così naturali e congeniali al modo di lavorare dell'uomo da non essere nemmeno notate, così il processo diventa molto più semplice producendo comunque risultati efficaci.
Ci ha fortemente impressionato notare come con l'utilizzo di strumenti molto semplici sia possibile ottenere risultati chiari e arrivare facilmente al nocciolo della questione. Abbiamo subito pensato che qualche sedia disposta a cerchio, un pennarello e dei post-it colorati, avrebbero potuto rappresentare un sistema di comunicazione innovativo e coinvolgente anche per la comunità di Quarto d'Altino, quindi ci auguriamo sia possibile sperimentare questi strumenti anche con "Quartiere Sociale".

Sara Rossi e Caterina Pagnin (22 maggio 2010)

altre info su: www.quartieresociale.it

lunedì 22 marzo 2010

COOPERANTE.IT


Questa risorsa è rivolta ai professionisti della lavorano nella cooperazione internazionale allo sviluppo e negli aiuti umanitari, a chi si sta formando per questa carriera e a tutti coloro che sono interessati a questo soggetto. Su Cooperante.it potrai trovare:

* Articoli - una vasta collezioni di articoli, scritti da esperti nei vari settori della cooperazione internazionale, con possibilità di commento e dialogo da parte degli utenti.
* Toolbox - una biblioteca "annotata" e con funzioni di ricerca, contenente una miniera di documenti di riferimento per l'assistenza umanitaria e l'aiuto allo sviluppo.
* Pubblicazioni - editoria elettronica, ossia manuali in formato .pdf come "Ideali e Carriera - Un lavoro nella cooperazione internazionale" e "Nell'emergenza - Teoria e pratica degli aiuti umanitari".
* Forum - il forum di discussione della comunità, diviso per argomenti, dove scambiare idee, opinioni, esperienze e dove chiedere consigli.
* Formazione - calendario e descrizione di corsi brevi di formazione in Italia e all'estero; descrizione dei corsi di laura/masters in Italia ed all'estero.
* Lavoro - un'ampia sezione di collegamento a tutti gli annunci di vacanza di posto nel mondo della cooperazione internazionale ed, in futuro, gli annunci delle ONG italiane in esclusiva.
* ONG Italiane - la "vetrina" delle ONG Italiane, con presentazioni ed un database con funzioni di ricerca.
* Dal Terreno - i blog dei cooperanti in missione, per vivere "in diretta" l'esperienza della cooperazione.
* Pagine Personali - la "vetrina" dei membri della comunità: un database specializzato con elaborate funzioni di ricerca a disposizione delle organizzazioni che cercano personale.
* Contatti - tutti i riferimenti per contattare Cooperante.it

FONTE: http://www.cooperante.it/

lunedì 22 febbraio 2010

OS-House



Open Source House (OS-House) is a non-profit organization that aims to provide better, more sustainable housing in low-income countries. 8 Design principles are utilized by OS-House to guarantee standards of sustainability, and meet the challenge of flexibility, ensuring that all designs can be locally embedded.
Open Source House is an initiative of Vincent van der Meulen and Enviu. Together they are making this project happen. With Open Source House we want to attain our objectives by:
  • Actively involve enthusiastic young people
  • Supplying a platform that shares drawings and construction information in an open source way
  • Inspire people, corporations and construction companies worldwide to contribute to the OShouse concept and develop sustainable housing

FONTE: http://www.os-house.org/english/os-house/

mercoledì 27 gennaio 2010

Pagine Gialle dell'Educazione allo Sviluppo

Le “Pagine Gialle dell’Educazione allo Sviluppo” è parte di una programma per la realizzazione del primo Portale italiano dedicato alla Cooperazione allo Sviluppo e curato dall’Associazione Italiana delle ONG, dal COSV, dall’ICEI, dal VIS e da UNIMONDO.
“Pagine Gialle” si propone come un servizio della Rete per offrire agli utenti informazioni e indicazioni per la ricerca e il reperimento di risorse internet su argomenti legati allo sviluppo, alla solidarietà internazionale, alla cooperazione e alla educazione allo sviluppo e più in generale ai rapporti tra Nord e Sud del Mondo. “Pagine Gialle dell’Educazione allo Sviluppo” è una guida ragionata alla navigazione virtuale dentro i migliori siti web italiani e non, dedicata a ad aree tematiche centrali nel dibattito che si muove intorno all’Educazione allo Sviluppo e alla Mondialità. Le aree tematiche sono: Diritti Umani, Tutela dell’Ambiente, Economia dello Sviluppo e Globalizzazione, Pace e Prevenzione dei Conflitti. Per ciascuna di queste aree tematiche sono stati individuati e selezionati circa 50 siti per un totale di oltre 200 siti, proposti attraverso esaurienti schede di presentazione. Ogni scheda è corredata da specifiche voci che forniscono all’utente, seppur sinteticamente, tutte le informazioni relative al sito preso in esame.

FONTE: http://win.cosv.org/paginegialle/pagineint.asp